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  • di Stelio W. Venceslai

Sulle unioni civili


Il tema delle cosiddette unioni civili sembra essere quello più appassionante, al momento, almeno a sentire gli uomini politici ed i media. Così appassionante che una legislazione in merito sembra addirittura urgente.

Che poi il pianeta scoppi di miseria, che ci siano una guerra in Siria e conflitti in molte altre parti del mondo, che la tensione Iran-Arabia Saudita possa coinvolgere tutto il Medio Oriente e che in Libia la situazione possa precipitare, oltre che in altri Paesi africani, coinvolgendo l’Italia, che il problema della crisi bancaria stia esplodendo, tutto questo sembra secondario, estraneo o troppo complicato.

Ma veniamo al fatto. Le polemiche politiche sulle unioni civili non sono tanto ispirate da valori irrinunciabili quanto dal voler mantenere il proprio elettorato. Non c’interessano. Il problema è tale che, prima di tutto, occorre ragionare con il buon senso. Poi, vestiamolo pure di politica.

A me sembra, in via di principio, che i rapporti sessuali fra due persone siano un fatto che non dovrebbe interessare alcuno e tanto meno lo Stato o la Chiesa. In camera da letto ci siamo solo tu ed io. Che poi il mio partner sia maschio o femmina dipende solo dalle rispettive inclinazioni. Chiusa la porta, ognuno è libero di essere quello che si sente.

La circostanza che da un rapporto maschio-femmina possano nascere dei figli è solo una conseguenza biologica. Può essere una fortuna od anche una disgrazia. Dipende dal punto di vista.

Se uno vuole figli, com’è naturale, li faccia. Se non li può avere, può sempre adottarli. In questo caso, è giusto che lo Stato intervenga per la tutela dei minori, ma senza strafare e senza dare cambiali in bianco agli orfanotrofi. Le difficoltà per un’adozione sono infinite, in Italia, e non se ne comprende il motivo (oppure, lo si comprende anche troppo!).

Nel caso delle cosiddette unioni civili (ma perché, adesso, sono incivili?) non rientrano solo gli omosessuali. Un’ampia categoria di persone conduce la sua vita con altre persone di sesso opposto, senza vincoli matrimoniali. Quindi, ciò di cui stiamo parlando riguarda tutti costoro, indipendentemente dalle loro inclinazioni sessuali.

La normativa esistente, peraltro, determina vincoli di vario genere per tutte queste persone, in tema di assistenza sociale, di pensioni, di successione e così via. Basterebbe poco per rimuovere questi ostacoli, definendo con chiarezza questo tipo di situazioni.

La tendenza è, invece, quella di complicare le cose, assimilando le unioni civili al rapporto matrimoniale. Di qui lo scandalo e le polemiche, spesso pretestuose, la rinascita dell’interventismo cattolico, la crisi di coscienza di una parte del PD.

Un rapporto a due implica una serie di diritti e di doveri che vanno oltre quanto sancito dai costumi e dalla legge. Inoltre, accettabile o meno che sia, c’è una profonda evoluzione in materia di matrimoni, dopo il divorzio, con doppie e triple famiglie, più o meno legalizzate. Ci può non piacere, ma è una tendenza inarrestabile. Basta guardarsi intorno. Invocare le tradizioni, spesso, significa andare controcorrente, ma è inutile. Quindi, una più accettabile regolamentazione di questi rapporti, in fondo, è auspicabile.

La questione vera è quella delle adozioni. Qui si scontrano tesi fondamentalistiche. La domanda è: perché due persone che stanno assieme non possono adottare un figlio, se lo vogliono? Non basta rispondere solo se sono sposate, oltre ad altri requisiti. Il matrimonio si può sciogliere, ed allora? Non dovrebbe essere solo l’esistenza del matrimonio a legittimare la situazione.

Qual è l’interesse dello Stato verso i minori, che sono la speranza del nostro futuro? Certamente che crescano bene, che siano amati ed assistiti. Dipende ciò dal matrimonio? Non necessariamente.

Famiglie legali che mettono al mondo figli in continuazione o che, vivendo in miseria, li mandano a lavorare (se va bene) od elemosinare od a prostituirsi non sono una bella riprova della santità o della giustezza del vincolo matrimoniale. L’amore verso i figli è un’altra cosa, che comunque non discende da un vincolo legale.

Non vedo un grande scandalo se due persone unite da un vincolo d’amore possono adottare un bambino. Ma un bambino deve crescere con una madre e con un padre. Non illudiamoci che sarebbe la stessa cosa se i genitori fossero dello stesso sesso. Cercare di risolvere il problema delle unioni civili immettendo il diritto delle coppie omosessuali all’adozione significa stravolgere un sistema naturale perché è biologico.

Il comune sentire non accetta l’idea di due papà o di due mamme, una prospettiva che oggi alimenta facili battute e vignette umoristiche. A fronte del problema dei bambini abbandonati che non si riesce ad adottare in tempi ragionevoli, l’interesse dello Stato (o, se non ci crediamo più, della comunità nazionale di cui tutti facciamo parte), è e dovrebbe essere quello di dare una casa e degli affetti a questi bambini, sia pure con tutte le garanzie del caso. È un problema talmente importante e delicato che la politica spicciola delle prossime elezioni non dovrebbe entrarci affatto.

Se il Parlamento approverà le unioni civili, è probabile che si vada ad un referendum. Ma lo stralcio delle adozioni, come sembra, non solo è una cosa saggia, ma necessaria. Nel furore iconoclasta della sinistra e dei libertari a tutti i costi, un po’ di buon senso sarebbe necessario. Anche se il nostro è un Paese fazioso, non democratico e provincial-parrocchiale, lasciamo stare i bambini. Tuteliamoli meglio, invece di tradirli.

Roma, 21 gennaio 2016.

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