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  • di Stelio W. Venceslai

L’ultima estate di pace



Non vorrei essere profeta di sventura, ma ho l’impressione che questa possa essere l’ultima estate di pace. Papa Francesco lo dice già da un pezzo che siamo in guerra. Troppe tensioni agitano lo scenario internazionale ed il terrorismo si fa strada in Occidente con una scia di orrore e di morte.

A pensarci bene, si combatte già un po’ dovunque, dal Sudan del Sud alla Somalia, in Eritrea, nello Yemen, in Bangladesh, in Kenya, in Libia, in Siria, in Iraq, in Turchia contro i Kurdi, in Armenia, in Ucraina. Perfino in America, si spara contro la polizia, troppo proclive ad uccidere afro americani e latino-americani. Tante guerre non sono una guerra mondiale “totale”, ma un bel prologo ad un conflitto allargato e condito di testate atomiche.

Il terrorismo del Califfato ha fatto scuola. In Europa la guerra l’abbiamo in casa, nella subdola forma dell’attentato. Si colpisce un po’ dovunque, non importa con quali mezzi. Basta che ci siano molte persone per fare una strage, preferibilmente se ci sono bambini. A furia di far nulla, la vecchia Europa è assediata. Combatte con i vertici e con le dichiarazioni, chiacchiere e bugie: armi assolutamente decisive contro il radicalismo islamico.

Il Califfato facilmente si appropria di questi delitti, spacciandoli per suoi, ma tutte le stragi in Europa sono concepite ed attuate da gente qui nata e vissuta, trovando un facile pretesto ed una comoda copertura nel Califfato. Due fonti diverse del male tendono a coincidere: il malessere endemico delle periferie, degli slums, delle baraccopoli, dove si raccolgono diseredati, emarginati e disadattati, e l’integralismo del Califfato e d’al-Qaeda.

E’ inutile farsi delle illusioni: la testa dell’idra è a Raqqa. Distrutta Raqqa e schiacciato l’esercito nero del Califfato, il terrorismo islamico in Europa non troverà più alimento. Ci saranno strascichi sanguinosi, ma il terrorismo ispirato da un sedicente Stato islamico morto avrebbe una vita corta, anzi cortissima. Il progressivo arretramento delle forze islamiche in Siria, grazie ai Russi, ed in Iraq, grazie all’Iran ed agli Stati Uniti, farebbe ben sperare. Se la testa del terrorismo è a Raqqa, il corpo è in Occidente.

Da oltre mezzo secolo si cerca in Europa un equilibrio fra sovranità statuali e sovranità comunitaria, sono almeno nove anni che siamo a caccia di una ripresa economica che non c'è, e continuiamo a sgranare il consueto rosario di parole inutili (il rigore, l’equilibrio dei bilanci, la trasparenza, la privacy, la libera concorrenza, la globalizzazione, la moneta unica), senza accorgerci che il mondo è cambiato e che non siamo più in grado di spostare una virgola dal disastro finanziario, politico e mentale nel quale siamo caduti. Ripetiamo slogan che non hanno più senso comune.

Perché questa potrebbe essere l’ultima estate di pace? La risposta è nelle mani della Turchia, o di quel che ne resta, dopo il pugno di ferro di Erdogan. La visione politica del premier turco è sostanzialmente “ottomana”. Fa impressione utilizzare questo aggettivo, da tempo desueto nelle cronache internazionali. L’aspirazione turca a diventare egemone nel mondo islamico o, perlomeno, in gran parte della regione, è piuttosto palese. Se 80 milioni di Turchi cominciano a guardare ad Est e non più ad Ovest. quello che non è riuscito a Stalin è accaduto con Putin. E noi, per tutta risposta, giochiamo con le sanzioni alla Russia!

In questo momento l’esercito turco è fortemente destabilizzato, ma è pur sempre tra i più forti nell’area. I Turchi sono degli eccellenti soldati ed il corpo degli ufficiali è altamente addestrato. Se nell’ambiguo comportamento di Erdogan c’è l’idea di ergersi a paladino del mondo islamico, invece di un falso Califfato assassino avremo un vero e proprio Sultano, dotato di un forte esercito regolare, ben addestrato e ben armato, con dietro uno Stato vero ed una grande storia. Non è una prospettiva molto attraente, anche perché i popoli turcofoni sono parecchi ed i loro Stati arrivano fino al confine cinese. La Russia di Putin non sarebbe contenta di un Commonwealth turcofono che minaccerebbe la sua posizione egemone in questi Paesi, l’unico freno ad una tale ipotesi.

Se, invece, le ambizioni di Erdogan si fermano al Medio Oriente, la sua leadership politico-religiosa potrebbe essere contrastata solo dall’Arabia Saudita, la cui influenza sul mondo arabo, però, sta perdendo colpi. Inoltre c’è l’Iran, la nuova potenza emergente, sciita e nemico dell’Arabia Saudita (un’altra Turchia, se vogliamo, come potenza demografica e militare, ad est, ma al momento lontana).

Mercanti d’armi e speculatori finanziari si fregano le mani: quando c’è casino, si fanno ottimi affari. Quel povero prete sgozzato davanti all’altare d’un piccolo paesino della Normandia è il simbolo premonitore della fine di un’Europa fino ad ora imbelle.

Ma allora, perché l’ultima estate di pace? Perché di guerre in giro ce ne sono pure troppe e tutte ci sfiorano da vicino. Pensate all’Ucraina, se le repubblichette russofone locali votassero un referendum per associarsi a Mosca, come ha fatto la Crimea, oppure ad una Turchia fuori Nato che bloccasse la base aerea americana di Incirlik e rifiutasse il passaggio sul Bosforo alle due flotte americane che incrociano sul Mar Nero, oppure, ancora, ad una serie di attentati a catena in Europa che costringesse ad un intervento diretto in Siria degli eserciti europei. E lascio perdere la Libia, che è a un passo da noi.

No, non si può stare tranquilli.


Roma, 31 luglio 2016.

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