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Le ragioni del SI


Siamo a poca distanza dal referendum e con una campagna elettorale che dal maggio scorso si va intensificando, le idee della gente sono ancora molto confuse.

Il tambureggiamento delle presenze televisive del Premier, in verità, aumenta la confusione e genera un senso di stanchezza negli elettori.

Il quesito non è chiaro, si può essere a favore di alcune misure ed altre no, la marcata sponsorizzazione governativa non è indice di neutralità o di equilibrio e così via.

Inoltre, il fatto che Renzi senta come un affronto personale se si vota NO, al punto da dimettersi, perché lui non “galleggia”, gli altri sì, induce a malinconiche osservazioni su cosa galleggia e quanti e quali siano i galleggiatori.

Tutto questo alimenta gli indecisi, consolida gli indifferenti e non favorisce i fautori del SI. D’altro canto, mentre i politici affilano ferri incandescenti, l’elettore medio se ne frega. O ha già le idee chiare o non ne ha nessuna e, se voterà, voterà per tutt’altre ragioni, magari di pseudo fedeltà ideologica o per qualche interesse di bottega.

Vedo la gente in giro, tutti con il cellulare in mano, tutti con l’auricolare all’orecchio. Al caffè si parla di calcio, al ristorante dell’ultima novità in materia di scandali o di gossip. Diciamolo pure, la gente non sembra vivere drammaticamente queste ore pre-referendum.

C’è una società indifferente, ma che cresce, si evolve, inventa soluzioni nuove, si preoccupa per il futuro dei propri figli, che vive più a lungo di quanto mai sia accaduto. Questa società vive al di fuori della politica, spesso contro la politica, non pensa neppure alla politica.

Destra e sinistra sono un ricordo del passato. Le Istituzioni sono archetipi, vecchie ed insufficienti, i politici nostrani, e non solo, sono vecchi, non hanno né cultura personale né intelligenza creativa, né onestà morale né prospettive.

Tuttavia esistono alcune ragioni per votare e mi sembra corretto fare alcune osservazioni sulle ragioni vere, non politiche, del SI.

La prima ragione è che, dopo quasi mezzo secolo di tentativi di riforma, di discussioni, di dibattiti, incontri, proposte e quant’altro, ci sia finalmente uno straccio di riforma da votare. A furia di parlare di riforme, finalmente ne abbiamo una da votare. Se si perde quest’occasione, chissà quando se ne presenterà un’altra. Sarà una iattura? Forse, ma è un argomento su cui è giusto meditare.

La seconda ragione è che, nel bene o nel male, si dà uno scossone ad un sistema immobile da settant’anni. Lo scossone è sempre importante. Un po’ di polvere va via. È come un trasloco. Quanta roba vecchia si butta, perché non serve più o non è mai servita? (v. CNEL). Poi, si riduce il numero dei senatori e, quindi, si abbassa il numero, oggi pletorico, di tutti i parlamentari. Non è gran cosa, ma è un piccolo passo avanti.

La terza ragione è più di facciata che di sostanza: si abolisce la doppia lettura. Non è gran cosa, perché di leggi, comunque, ne abbiamo avute fin troppe, con il sistema vigente, e la doppia lettura non ha impedito nulla. Ma va di moda l’idea di una maggiore efficienza del Parlamento. Nessuno ci crede, ma ci si può provare.

La quarta ragione è che si dà più spazio politico alle Regioni ma minore spazio nelle questioni amministrative. Secondo me, questa sarebbe stata l’occasione per abolirle o quasi, visti i danni prodotti all’erario, ma questa proposta è una tipica soluzione all’italiana: un colpo al cerchio ed uno alla botte. Non sono eletti? Non è poi così grave. Almeno all’origine della loro carriera da qualcuno furono eletti.

La quinta ragione infine, ma non ne trovo più altre, è solo politica, non costituzionale. Se al referendum vincono i SI, il governo potrebbe dimettersi. Scioccamente Renzi ha legato al destino del referendum il suo. Non abbiamo certo bisogno d’una crisi in più come non si aveva bisogno di un governo sponsor d’un referendum costituzionale. Il governo doveva restare neutrale. Se Renzi dovesse scomparire è facile pensare ai D’Alema, ai Bersani, ai Cirino Pomicino, ai Letta, ai Mastella in agguato per tornare al potere. Non ne abbiamo proprio bisogno. Per questo farne una battaglia personale, per Renzi, non è stata una drittata. Bastava pensare che una simile presa di posizione non ha portato fortuna al leader inglese durante la campagna per Brexit.

Comunque, qualunque nuovo governo ci sarà, con o senza Renzi, certe prese di posizione politica dovranno restare intatte, specie in Europa (sisma ed immigrazione) e nel mondo.

Le relazioni internazionali, in questo momento, sono in impasse. Trump sta faticosamente e lentamente componendo il suo nuovo governo. È difficilissimo fare previsioni sui futuri assetti della NATO e sui rapporti con l’Unione europea. Molte sono le incognite della nuova politica americana ma, anche qui, è facile immaginare che certi punti fermi resteranno tali.

Chi dovrà governare il nostro Paese dovrà adattarsi a nuove situazioni che non dipenderanno certamente né da noi né dall’Unione europea. Il fantoccio occidentale potrebbe essere costretto a cambiare volto.

È inutile rimpiangere la Clinton.

Un’ultima considerazione, piuttosto amara. Sono convinto che vincerà il NO. Personalmente sono a favore del NO, tanto vale dirlo subito, ma troppi intellettuali sono dalla parte del SI. Se tanto mi dà tanto, il SI sarà il voto dell’establishment ed il NO l’opposizione della “pancia” del Paese. Non è una grande prospettiva per il futuro.


Roma, 20 novembre 2016.


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