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  • di Simona Mingolla

Ancora a grande richiesta, a Caprarola, va in scena la “Gente di Broccolino”.


Anche quest’anno non poteva mancare la visione della commedia della Compagnia Quelli del Martedì i cui autori, Alessandro Morganti e Angelo Pecorelli, instancabilmente e con crescente bravura, mettono in scena da diverse stagioni opere originali il cui favore di pubblico si potrebbe, anticipatamente, dichiarare scontato.

Il tema conduttore, di estrema attualità, è l’immigrazione “al contrario”: dal 1861 circa 30 milioni di italiani hanno cercato fortuna all'estero, accolti dagli stessi pregiudizi che oggi spesso noi riserviamo agli immigrati che arrivano nel nostro Paese. Intere cittadine videro la loro popolazione dimezzarsi nel decennio a cavallo tra '800 e '900, e di questi emigranti quasi un terzo aveva come destinazione dei sogni il Nord America, affamato di manodopera. Chi partiva, se poco abbiente, solitamente affrontava una navigazione che offriva come unici “confort”, un sacco imbottito di paglia e un orinatoio ogni 100 persone per un viaggio che poteva durare anche un mese e molti morivano prima di vedere il Nuovo Mondo. L'approdo dei bastimenti di emigranti era l'isola di Ellis Island, nella baia di New York dove chi arrivava affrontava l’umiliante filtro dell’ufficio immigrazione locale. Visite mediche e psico-attitudinali scrupolose erano riservate agli sbarcati: chi non superava i controlli, che duravano anche tre giorni (in cella), veniva marchiato con una X sui vestiti e rimandato indietro. Sui documenti rilasciati agli italiani, accanto alla scritta white, che indicava il colore della pelle, a volte c'era un punto interrogativo: si diceva che gli italiani non erano bianchi, "ma nemmeno palesemente negri", oltre che "una razza inferiore" o una "stirpe di assassini, anarchici e mafiosi". Il presidente Usa Richard Nixon, intercettato nel 1973, fu il più chiaro di tutti dicendo: "Non sono come noi. La differenza sta nell'odore diverso, nell'aspetto diverso, nel modo di agire diverso. Il guaio é che non si riesce a trovarne uno che sia onesto". Superati i controlli, la sfida per l'integrazione era assai ardua e i nostri connazionali preferivano ghettizzarsi nei quartieri italiani e frequentare scuole parrocchiali, rallentando così la diffusione dell'inglese nelle comunità. Un po’ alla volta, le nuove parole americane sono entrate nella loro vita quotidiana, filtrate dall’ottica italiana e mescolate con i dialetti regionali: questa varietà linguistica, parlata dagli italoamericani di Brooklyn, venne chiamata “broccolino”, termine che identificava, nello slang degli immigrati, il nome del "quartiere" di Brooklyn.

È proprio la “Gente di Broccolino”, protagonista della commedia ambientata nel 1929: tre fratelli caprolatti (Michele, Mario e Rosa Santaquilani rimasta vedova e madre di Egidio, concepito in America) e alcuni altri personaggi si avvicendano nel Barber Shop di Mario. Per alcuni di loro la bottega è un luogo di incontro dove raccontano, ciascuno nel suo dialetto “americanizzato”, della loro esperienza da immigrati italiani negli USA. Oltre alla famiglia suddetta, si alternano il fruttivendolo anarchico Gaetano, il disoccupato (ufficiosamente, poiché in realtà ha avviato un suo piccolo traffico di alcolici) Tony Boy, il celebre Lucky Luciano (per le vicissitudini raccontate nella storia, in “incognita”, ma sempre affiancato dalla sua guardia del corpo), due estorsori alle “dipendenze” del parimenti noto Salvatore Maranzano e il poliziotto di quartiere che arrotonda il fine mese obbligando i bottegai ad accettare la sua protezione. Costumi, ambientazione e profilo dei personaggi sottolineano l’accurata ricerca svolta dagli autori, così come, sul fronte interpretativo, gli attori (ricordo, amatoriali!) sono espressivi ed abili nei passaggi fra il comico ed il patetico tanto da non far mai perdere il ritmo alla storia. Lo spettatore non si accorge delle quasi due ore di rappresentazione ed al termine dello spettacolo, oltre all’immancabile divertimento, rivede un quadro della realtà umana del periodo fatto non solo di personaggi millantatori, che hanno determinato con i loro comportamenti la costruzione nell’immaginario collettivo di molti dei clichè entro cui viene identificato l’italiano all’estero, ma anche di persone che afflitte dal peso delle origini, nei confronti delle quali non riescono a creare uno scarto, seppur con una spiccata capacità di adattamento (“l’arte di arrangiarsi”) restano chiusi all’interno di stereotipi che li rendono estranei rispetto ai contesti di arrivo impedendo quei processi di integrazione che, probabilmente, avrebbero dato un corso diverso alla loro storia.

Non perdetevi, dunque, uno spettacolo che andrà ancora in scena al Teatro Scuderie Farnese di Caprarola fino a metà aprile (e, comunque, finchè si concluderà la richiesta di repliche) .

Per informazioni e prenotazioni: 338.6003567 - www.quellidelmartedi.com - Fb @QuelliDelMartediCaprarola


Viterbo, 22 febbraio 2020

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