Perché Conte?
Ministro della giustizia in pectore nella lista dei membri del governo altezzosamente predisposta da Di Maio, quando 5Stelle sperava di governare da solo, è uscito dal sacco dell’ignoto come Presidente del Consiglio al tempo dell’avvento del governo giallo-verde.
Avvocato e professore di diritto, in realtà, non lo conosceva nessuno. Digiuno di politica come tutti quelli che lo proponevano, era talmente sotto traccia da non disturbare i politici di carriera.
Ben vestito, pacato, educato, sufficientemente informato, sembrava piovuto dal cielo tra i due botoli (Di Maio e Salvini) che si mordevano a vicenda nel loro primo esperimento politico sul corpo disgraziato del Paese.
Era la faccia pulita del gialloverdismo, il biglietto di presentazione.
Alla sua prima uscita parlamentare, dopo una breve introduzione, si chinò all’orecchio di Di Maio e gli chiese (lo videro tutti): vado bene? Sembrava un cagnolino timoroso del padrone severo. Gli costò una serie d’insulti da parte dell’allora, credo, capogruppo del PD, Delrio, che lo definì un fantoccio, una marionetta, poco più di un imbecille.
Gradualmente, nelle eterne discussioni fra i membri di quel governo, con molta pazienza ma anche con buon senso, s’insinuò sempre più stabilmente nel sistema, come un verme nella mela.
Alla fine dell’esperimento, quando Salvini gettò la spugna e aprì la crisi, puntando il suo dito accusatore proprio contro di lui, reo di simpatie eccessive per le istanze di 5Stelle cui, in fondo, doveva l’incarico e la sua improvvisa notorietà pubblica, Conte affilò le zanne che aveva nascosto e in un memorabile J’accuse fece a pezzi un Salvini immobile sul suo scranno di Vice Presidente del Consiglio.Così finiva il Conte 1.
Poi, cominciò il Conte 2. Altro governo, altri partiti, tutto cambiava ma lui era diventato il garante della continuità della presenza governativa di 5Stelle. Altro che Grillo garante, era solo parlante!
Al posto della soluzione verde, abbandonata, la soluzione rossa fece bene al suo organismo. Governo sempre diviso, la sua figura è cresciuta, è divenuta dominante, al punto da essere inviso a Renzi, il cui ruolo di prima donna s’è appannato, nonostante l’esperimento di Italia Viva.
Adesso, grazie alla pandemia, il governo traballante è diventato l’unica sponda cui aggrapparsi nella devastazione sanitaria ed economica del Paese.
Una fortuna nella sfortuna, incredibile. Conte giganteggia, oggi, nella politica italiana. D’altro canto, ha il gioco facile, con Di Maio, Crimi e Zingaretti al seguito e l’infinita pochezza degli altri. Il Conte 2 è stato la conferma del suo rilievo politico non solo interno ma anche internazionale. Abbraccia la Merkel e Macron, attira l’attenzione di Trump, viaggia tra una capitale e un’altra, con Di Maio come scudiero (tanto altro non saprebbe cos’altro fare in un Ministero che ha reso inutile), è la faccia nuova e pulita dell’Italia accattona.
Non gli si può imputare nulla di negativo quanto alla conduzione del suo governo. Francamente, ha fatto miracoli d’equilibrio tra il nulla e l’impotenza, dato il continuo dissenso fra i partiti al governo, uscendone con dichiarazioni reboanti, promesse fantasiose, continue apparizioni televisive che sono piaciute alle mamme e ai pensionati: che brava persona! Poveretto, è costretto a mediare, vista la situazione, ma è proprio bravo!
In realtà, oggi come oggi, tutti lo temono (soprattutto Renzi), perché si è fatto uno spazio suo, nonostante le difficoltà politiche nelle quali si è trovato. Ha navigato a vista, sotto costa, senza incagliarsi. Non è uno Schettino.
Se le cose continuano così, ma c’è da dubitarne, nessuno gli leverà un Conte 3.Ci sono, però, alcuni problemi di fondo.
Il primo è che un conto è mediare per tirare avanti e un conto è governare un Paese diviso e complesso come l’Italia. L’idea, forse sbagliata, è che Conti miri a riportare la barca dove era cominciatala pandemia e, cioè, alla restaurazione del passato. Questa è una follia perché evidentemente, non ci si rende conto che dopo la pandemia sarà cambiato tutto. Tornare indietro sarà impossibile. Cambieranno anche gli assetti geopolitici del mondo, figurarsi in Italia!
Ora, sul futuro di questo disgraziato Paese nessuno ha un’idea realistica. Neppure Conte, se per avere qualche suggerimento ha convocato il genere umano a Villa Pamphili, con pochissimo frutto.
Il secondo è che così com’è, la situazione è ingessata, se non si va a votare. Ma non può durare. Se si voterà, Conte organizzerà un suo partito o si liquefa come il Movimento 5Stelle da cui surrettiziamente proviene? Egli lo nega e a più riprese ha giurato che non ci pensa nemmeno ad aggregare i suoi simpatizzanti, ma in politica le bugie sono come il basilico, profumano il cibo. Non lo vedo come Cincinnato.
Se, magari, costretto a furor di popolo, si presenterà alle elezioni un partito di Conte, salteranno tutti gli equilibri interni del Paese. Buona cosa, perché una ventata di diverso è aria fresca. Dov’è la sua platea elettorale? Potrà pescare sempre nel parco buoi di Forza Italia, allo sbando elettorale, attrarre un po’ di 5Stelle, anche questi in dissidio ideologico, forse qualche Pd stufo delle ovvietà di Zingaretti. Non con Renzi, nemico giurato e concorrente, non con Salvini, ovviamente (magari con Zaia), non con la Meloni (troppo intransigente).
All’orizzonte c’è la stella nascente di Calenda e del suo sforzo di catturare consensi. Conte i consensi li avrebbe, ma Calenda no. Invece, Calenda ha delle idee e Conte no. Una possibile coalizione interessante. Con estensione a un Pd rinnovato?
Tutti i calcoli sono molto soggettivi. Se al prossimo referendum autunnale vincerà la propostadi ridurre il numero dei parlamentari, occorrerà ridisegnare le circoscrizioni elettorali prima d’andare a votare. Nessuno sarà più sicuro di tornare in Parlamento. Figurarsi con dei partiti nuovi!