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L’ambiguità europea


Nel nuovo assetto politico che si sta formando c’è un rimescolamento delle posizioni personali (poiché d’ideologico non c’è nulla) dei vari partiti.

La pandemia, da un canto, ha rivoluzionato le nostre abitudini e Draghi, dall’altro, ha messo in crisi il sistema tradizionale. In un certo senso, tutto è da rifare.

Sul piano politico, i fatti evidenti sono la crisi di 5Stelle (che fosse sul punto di esplodere non ha stupito nessuno), la crisi della gestione Letta nel PD (il ritorno del nulla) e il documento comune firmato dagli esponenti della destra a Bruxelles (perbacco, sanno scrivere?).

Sulla questione 5Stelle s’è già detto che è uno pseudo problema. Le contorsioni per non perdere il seggio alle prossine elezioni sono evidenti. Aggiungasi che, poiché il numero dei parlamentari è stato ridotto di un terzo, grazie al suicidio delle due Camere, La corsa all’elettorato sarà particolarmente difficile. È questo, in realtà, lo spettro che agita le menti dei pentastellati. Resta, poi, l’incognita del sistema elettorale. Quale? Solo nel nostro Paese la legge elettorale è una specie di gomma da masticare e frutti delle riproposizioni sono stati sempre amari per chi le ha proposte. Il Movimento, quindi, è alle prese con i misteri del “Garante”, le sicurezze di Conte, le incertezze dell’esito elettorale. A furia di seminare vento sta arrivando la tempesta.

Sulla questione PD, la gestione Letta sembra sbagliare tutto, ergendosi a giudice di chi può stare o non stare nell’attuale maggioranza, credendo d’essere ancora il Presidente del Consiglio. Il concorso di 5Stelle, su cui puntava per un’alleanza stabile, è in forse. Inoltre, a Roma Milano e Torino, PD e 5Stelle sono irreparabilmente divisi. La crisi pentastellata rende effimera l’ipotesi di un blocco delle sinistre che avanza verso il centro. Letta è convinto che sparando parole grosse contro Salvini e proponendo progetti irrealizzabili possa continuare a restare in sella. La sua sicurezza, però, dipende solo dall’inconsistenza del gruppo dirigente del PD che non ha né personaggi di rilievo da opporgli né idee da proporre. In fondo, l’unico rispettabile è stato lo Zingaretti che ha buttato la spugna dicendo ai suoi compagni di partito: fate schifo. Lui se ne è andato ma lo schifo è rimasto.

Vediamo ora questo così discusso manifesto europeo della Destra che scandalizza tanto Letta.

In politica, è ovvio, esistono posizioni concettuali diverse. Forse questo è strano per Letta, abituato al pensiero unico. Che posizioni assimilabili tendano a diventare comuni e ad esprimersi in un gruppo parlamentare è cosa altrettanto ovvia. Dov’è lo scandalo? Lo scandalo sembra essere nelle idee.

I sovranisti uniti fanno paura? Non credo. Dovrebbe far paura, piuttosto, il consenso che raccolgono nei vari Paesi Europei.

L’Unione europea non è un’isola felice. È un meccanismo logorato dal tempo, creato in un momento profondamente diverso. I meriti dell’Unione sono stati molti e, in genere misconosciuti. Quello che meglio si poteva fare non si è fatto proprio per l’opposizione di taluni Paesi importanti (e, in particolare, della Francia e, a suo tempo, del Regno Unito). È rimasta l’ambiguità fondamentale: federazione o confederazione? Si è trovata una formula intermedia che non scontentasse nessuno e che ha funzionato fino ad un certo punto.

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