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La dipartita.



Il dramma lungamente atteso, dopo ore di noia degli spettatori, è arrivato alla fine. Poche lacrime, molti improperi, le accuse reciproche di tradimento si sprecano Un copione inevitabile. La scissione di 5Stelle era inevitabile da tempo. Neppure l’Elevato, il Santone, il supremo garante, è riuscito ad evitarla. La commozione è nulla, solo per i veri credenti. Il resto è polemica e interessi. Come fu con l’uscita dei comunisti dal partito socialista, nel1921. Ma lì c’erano due filosofie diverse.

Non facciamoci illusioni. Qui non c’è nulla. Il Movimento è morto proprio per la mancanza di un’ideologia. La filosofia del vaffa, dell’uno vale uno, del secondo mandato, della piattaforma Rousseau (andata in soffitta), e delle altre infinite stupidaggini che ci sono state ammannite e hanno caratterizzato questo movimento e illuso gli elettori, si sono dimostrate effimere. Al tocco fatale del potere, quello vero, delle nomine, degli affari, delle decisioni necessarie e serie, tutto è svanito. Altro che storia e tradizioni dell’origine!

Di Maio e Conte si sono separati, il Movimento segue a ruota, secondo i probabili interessi elettorali dei due contendenti e dei loro fedeli, ma la farsa, probabilmente, è finita.

Il governo è tranquillo. Non cambia il sostegno multipolare che regge Draghi. Troppo pericoloso. Di Maio, come Ministro degli Esteri, ovviamente, è filo governativo. Conte, come il prezzemolo buono per tutte le salse, si affretta a dire che sostiene il governo. Il primo vuole restarci, il secondo vorrebbe entrarci. Tutta qui la differenza.

Chi è nei guai è il Segretario del PD, Letta, che sull’alleanza con il Movimento contava di fare il punto di riferimento per quel “campo largo” con il quale spera di battere la Destra alle elezioni politiche. È concepibile che i due tronconi di 5Stelle, in palese ostilità reciproca, convengano sulla stessa alleanza con il PD? La grande ammucchiata di centro-sinistra è in pericolo. Rischiano di non governare più.

Si profilano, invece, insolite alleanze: Renzi, Calenda, quel centro che non c’è ma di cui tutti vanno alla ricerca. La primula rossa della nostra asfittica democrazia.

L’ultima tornata delle elezioni amministrative è finita. Il centrosinistra è prevalso e al centrodestra si raccolgono i cocci. Come premessa per le future elezioni politiche non va affatto bene.

La scoperta dell’ultima ora è che se i tre tronconi del centrodestra vanno uniti alle elezioni, vincono. Se si presentano separati e rissosi, perdono. Non è una grande pensata. Anche un bambino lo capirebbe, ma Salvini no, chissà perché.

Letta canta vittoria, ma le cose non stanno così. Alle elezioni politiche il Movimento su cui poggia le sue fortune si presenta sfasciato. Con 50/60 deputati e senatori al seguito, Di Maio, al massimo, potrà fare concorrenza a Calenda. E Conte? L’ineffabile avvocato ex Presidente del Consiglio di tre governi con tre maggioranze diverse, annaspa, aggrappato ai consigli di Grillo che, poco tempo fa, lo considerava pubblicamente una nullità.

Già la gente, quasi al 50%, non va più a votare. Il Parlamento, poi, è stato ridotto di un terzo. Quanti parlamentari potranno portare Conte e Di Maio, a Montecitorio e a Palazzo Madama? Quale influenza innovativa verrà fuori da questa scissione?

Intanto, Draghi tira diritto. Il governo va avanti e non è improbabile che vada oltre le elezioni. Chi potrebbe sostituire Draghi? Solo l’ipotesi fa ridere, se si pensa ai probabili aspiranti.

Certo, peggio di così non potrebbe andare. Tra pandemia, siccità, rialzo dei tassi, inflazione, guerra in Ucraina, sanzioni e crisi energetica, c’è poco da stare allegri.

Chi vuole sedersi nella stanza dei bottoni? A parole tutti, ma la realtà è molto diversa. Il vuoto politico attorno a Draghi cresce ogni giorno di più. Non sarà certo il Movimento, nella sua nuova, duplice versione, a poterlo riempire.


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