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ITALIA ALLA PREISTORIA

Italia alla preistoria

(di Stelio W. Venceslai)

Piove. I fiumi straripano, i torrenti esondano, le strade ed i campi sono invasi dall’acqua limacciosa, il terreno smotta,i piloni dei ponti o tremano o crollano, i Paesi sono isolati, le stalle allagate, uomini e bestie muoiono, danni enormi e costi da far paura. Le Regioni chiedono lo stato d’emergenza.

Nevica. Le strade s’intoppano. Altro che le catene o le gomme da inverno, tanto per fare qualche multa a guidatori sprovveduti ed arricchire gommisti e venditori di gomme e di catene! Sulle strade dissestate e piene di buche non si passa, con la neve, si perde la segnaletica, i viadotti crollano sotto il peso, trenta km si fanno in due ore e così via. Naturalmente, cadono anche i pali dell’elettricità. L’Enel, così preciso nelle bollette, non cura la manutenzione degli alberi lungo il percorso dei pali. I rami crollano, sotto il peso della neve, tranciano cavi e piegano pali. Se manca l’elettricità, manca quasi tutto: dal riscaldamento alla possibilità di comunicare. Come ricaricare i cellulari?

Terremoto. Siamo in un’area che è tutta sismica. Un edificio dovrebbe essere costruito con sistemi anti sismici. A che servono le licenze di costruzione dei Comuni, se non a pagare, se non sono vincolate al rispetto di criteri sismici? Dove sono questi criteri? Li dobbiamo chiedere a costruttori compiacenti, spesso improvvisati, oppure agli ignari acquirenti, oppure dovrebbe imporli lo Stato? Si brancola nel buio. Si parla di un libretto di costruzione, che naturalmente, visto che tutti scansano le proprie responsabilità, dovrebbe essere a carico dell’acquirente, che è proprio l’ultimo anello della catena. Ma è possibile?

Valanghe e slavine. Si possono prevenire. Si possono creare sistemi di contenimento e, soprattutto, di monitoraggio. Abbiamo il bollettino delle nevi, per chi vuole sciare o fare una vacanza in montagna d’inverno. Ma il bollettino delle valanghe, dov’è?

Dighe. Si controllano una volta ogni due anni. È sufficiente? La diga del Vajont avrebbe dovuto insegnare qualcosa. A chi? Ai valligiani oppure agli ineffabili responsabili che se processati, dopo trent’anni vanno assolti?

Sole. D’estate non piove. La siccità inaridisce i campi. Manca l’acqua. I fiumi si restringono, si asciugano. Il terreno crepa, si aprono fenditure e le bestie muoiono. Gli agricoltori bestemmiano. Tanta acqua e freddo d’inverno, tanto calore e siccità d’estate.

Nella preistoria era così, nelle mani del fato o di Dio.

Poi, abbiamo inventato lo Stato, lo Stato l’abbiamo fatto noi, con un governo eletto, quando si facevano le elezioni, per mandare i migliori di noi a governare per tutti. In realtà governano per mantenersi al potere. Si vota? E allora diamo qualche quattrino agli elettori delle città, che sono più numerosi di quelli che vivono nelle campagne o in mezzo ai monti. Non ci sono quattrini? Togliamoli alle comunità locali. La provincia non conta, contano solo le città.

Quello che sta accadendo è il punto d’arrivo dell’incompetenza e dell’incapacità di tutta una classe dirigente. È facile dire, adesso, ”restiamo uniti” oppure “non è il momento delle polemiche”. Fa comodo, certo. È molto più importante salvare vite umane. L’emergenza incombe, ma qui è tutta un’emergenza, da Firenze a Catanzaro, da Catania a Pescara, dal Friuli alla Liguria, dall’Emilia, all’Umbria, alle Marche, al Lazio, all’Abruzzo. Un’Italia disastrata, terremotata, allagata, franante, impoverita, che piange i suoi morti, che s’indigna delle lentezze e delle irresponsabilità, che non riesce ad essere un Paese come gli altri.

In questo vicolo cieco c’è un Paese che ansima, fra una crisi economica terribile, un debito pubblico mostruoso, contingenze naturali gravissime, senza speranze.

La dittatura degli imbelli e dei cretini mostra ogni giorno il suo volto. Non si tratta di questo di quell’uomo politico. Si tratta di un’incapacità totale di prevenzione e di cura del nostro territorio.

Quando c’è statala neve a Roma, si è bloccato tutto: alberi caduti, strade interrotte, nessuno spazzaneve, i vigili scomparsi, il Comune latitante, i cittadini costretti a fare da cinque a sette oredi fila per tornare a casa, scuole chiuse, trasporti interrotti. Come a Stoccolma, a Toronto od a Mosca, tale quale.

Eppure, paghiamo le tasse, anche di più dei Canadesi o dei Moscoviti. Le paghiamo per avere servizi, non per tenere in piedi un’impalcatura che, a questo punto, è solo superflua ed ingombrante, se non addirittura negativa.

Per dimostrare al mondo che facciamo le riforme, abbiamo abolito le Provincie. In realtà, le abbiamo mezze abolite, in modo tale che non si sa chi comanda, cosa debbano fare. Era meglio abolire le Prefetture. Le provincie curavano le strade, i Prefetti no. Ma la gente cammina e guida sulle strade, facendo lo slalom fra buche, deviazioni e traffico alternato.

La rete di collegamento fra i comuni e le frazioni non funziona più. L’abolizione delle Provincie è l’ultimo regalo avvelenato di Renzi, alla prova dei fatti, non solo di lui, madi tutta la classe dirigente che accompagna le nostre serate davanti alla televisione.

Da dove viene questa disgraziata classe dirigenziale che ci onora delle sue macchiette da cabaret? Finché si ride di loro, va bene, ma questi, nella loro crassa ignoranza, sono perniciosi, fanno morire la gente.

Sotto l’albergo travolto a Farindola, lavorano centinaia di persone, in gran parte volontari coraggiosi, animati di buonissima volontà. Sono venuti da tutta Italia, tardi, ma non è colpa loro. Pescara dista sessanta km da Farindola, ma da Pescara sono arrivati, a piedi, grazie ad alcuni eroi, dopo dodici ore dall’evento. Un’efficienza da capogiro per chi li ha inviati.

Nessuno sapeva se c’erano spazzaneve, forse c’erano, ma o erano senza benzina o in manutenzione. E le turbine, che sono, roba russa? Nessuno ha pensato ai gatti delle nevi. Vanno dappertutto, ma solo per far felici gli sciatori. Gli elicotteri? Il tempo era pessimo e due elicotteri dei Vigili del Fuoco erano fermi, pare, anche loro, per manutenzione.

Nessuno ha pensato che con un paio di lanciafiamme in un’ora si sarebbe sgombrata la strada per arrivare all’albergo. L’esercito li ha non soltanto per fare la guerra.

Una volta, tanto tempo fa, c’era la Festa degli Alberi, la ricordate? I bambini andavano a piantare gli alberelli che poi, una volta cresciuti, sarebbero stati portati sui declivi e ripiantati per fare boschi per frenare il terreno. Non si fa più. Ecco i risultati dell’incuria, dell’ignoranza e, alla fine, del disprezzo per le vite umane.

Tutto negativo? Ebbene sì, tranne una cosa straordinaria: il popolo italiano che si è prodigato con i suoi volontari, nel freddo, al buio, con la neve alta da quattro a cinque metri, per salvare qualcuno, in condizioni sovrumanamente impossibili.

Data l’efficienza generale ben nota del sistema, qualcuno si sarà preoccupato di dar loro da dormire, da mangiare, da riposare? Spero di sì.

Allora, le polemiche non sono utili, ma qualche volta dire la verità forse non è politicamente opportuno, ma necessario. Lo reclamano morti innocenti. Chiunque di noi si sarebbe potuto trovare in quel frangente e morire per l’inettitudine, per la semplice, vergognosa inettitudine del Palazzo.

Quante altre morti, quante altre tragedie dobbiamo vivere nel nostro Paese, quante altre menzogne dobbiamo ascoltare, in questa emergenza continua che ci riduce alla preistoria?



Roma, 24 gennaio 2017.

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